venerdì 18 ottobre 2024

VINO ROMANO


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 Gli antichi Romani conoscevano le tecniche per la coltivazione della vite e per la vinificazione, avendole apprese da Etruschi, Greci e Cartaginesi. La viticoltura dell’ Antica Roma affonda le sue radici nella cultura greca ed etrusca. Di per sè stessa, con tutta probabilità la vite è specie autoctona nella penisola e non vi era stata importata da altri popoli. In molti casi le viti erano tenute incolte, ossia allo stato selvatico, dalle popolazioni autoctone. Gli antichi Romani conoscevano le tecniche per la coltivazione della vite e per la vinificazione, avendole apprese da Etruschi, Greci e Cartaginesi. Infatti già all’epoca degli Etruschi, intorno al V sec. a.C, la penisola Italica era nota come “Enotria“, ossia produttrice di vino. Solo un paio di secoli più tardi Marco Porzio Catone mise la vigna come la prima delle culture italiche. Inoltre gli antichi Romani avevano una predilezione per le attività organizzate e produttive e la viticoltura in questo non rappresenta un’eccezione. All’epoca dell’Antica Roma, Piantagioni specializzate nacquero inizialmente in Campania, alle pedici dei monti Petrino e Massico, da cui proveniva il Vinum Falernum. Columella, nel suo De re rustica, descrive vigneti con la distanza di circa 3 metri tra un filare e l’altro, con vigneti maritati ad alberi o sostenuti da pali in legno. Nel tempo, l’alberata etrusca venne sostituita da filari intrecciati di canne, fino ad arrivare ad impianti a cordone. Un ettaro di vigneto arrivava a produrre più di 150 quintali di uva, quindi con rese analoghe a quelle dell’epoca moderna, con rese che potevano arrivare anche a 200-300 ettolitri per ettaro. Questa produttività dei vigneti locali contribuì al crollo delle importazioni dei vini greci a favore del consumo della produzione locale. Il vino all’epoca degli antichi Romani era presente in ogni banchetto, per lo più diluito con acqua calda o fredda, secondo i gusti e la stagione. Inoltre spesso i vini venivano aromatizzati o anche cotti, per evitare che inacidissero. Il “magister bibendi” doveva astenersi dalla bevanda e aveva il compito di stabilire quante parti di acqua, calda o fredda, vi si mescolavano. Gli “haustores” erano i sommeliers dell’epoca, che classificavano i vini in base alle loro qualità e al loro utilizzo. Per gli antichi Romani il vino non aveva le implicazioni religiose della cultura greca dove colui che beveva era posseduto dal vino e dalle divinità, era piuttosto una bevanda e veniva servito in accompagnamento a carni ed altre pietanze. Si brindava alla salute di un amico, di una persona importante o della donna amata. Si brindava anche per onorare un defunto, o una divinità, o semplicemente a un progetto: un accenno alla Dea Fortuna c’era sempre.


                                                                                                                                           Blue Jacket

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