venerdì 22 ottobre 2021

L'amazzonia secondo salgado


Nel mondo di oggi il valore della cultura sta perdendo ogni giorno che passa di significato. L’ avvento dei social network e di internet ha fatto perdere alla cultura quella consistenza che ha per natura. La globalizzazione in pratica ha semplificato l’ accesso a una miriade di informazioni prima inaccessibili, nonostante questo per fortuna la vera cultura è ancora viva e vegeta. Se internet e i social network vengono usati con intelligenza possono arricchire il nostro patrimonio culturale, personalmente non ho mai fatto uso dei social network e credo che mai lo ne farò, dal momento che in questi luoghi virtuali circolano molte informazioni false e vengono usati per lo piu’ per divertimento. Per cultura in modo semplicistico si intende l’ insieme di conoscenze che un individuo possiede, l’ importante è non confondere la parola “conoscenza” con “informazione”, perché la differenza è notevole. E’ interessante conoscere il significato di cultura in un contesto più ampio, per esempio, quello filosofico per capire meglio questo concetto. In filosofia per cultura si intende la formazione dell’ uomo attraverso l’ affinamento del suo spirito; in senso piu’ specifico, il processo che conduce l’ uomo a realizzarsi in ciò che propriamente costituisce il suo essere, ossia il complesso delle sue realizzazioni che, da un punto di vista soggettivo, si manifestano negli usi e costumi di un popolo o di un’ epoca e, da un lato oggettivo, nei prodotti artistici e intellettuali. In senso individuale i Greci, per esempio, identificavano la cultura con la paideia, cioè l’ educazione proveniente dalle “buone arti”, cioè la poesia, l’ eloquenza, filosofia etc…………..capaci di esprimere nell’ uomo cio’ che egli è e deve essere. Un risultato che poteva provenire solo da uno stretto connubbio dell’ uomo con la filosofia, l’ unica capace a dargli la conoscenza di se stesso e del mondo e di guidarlo nella ricerca della verità; altrettanto necessaria è però all’ uomo una stretta conoscenza con la vita della comunità, entità sociale che sola consente all’ uomo di realizzarsi: questa esigenza trova la sua massima realizzazione nella repubblica di Platone. Invece i Romani sintetizzarono il concetto di cultura, nel termine humanitas, insistendo su quanto è idoneo a esprimere l’ uomo nella sua interezza. In questo concetto classico della cultura sono escluse sia l’ attività meramente utilitaristica, cioè arti, mestieri, lavoro manuale sia quella che ha come oggetto il destino ultramondano dell’ uomo. Si tratta di un ideale aristocratico e naturalistico assieme, che sceglie la via contemplativa per raggiungere la sapienza, fine ultimo della cultura. Sono concetti che sembrano astratti ma sono concreti, la vera cultura ci rende liberi di scegliere ciò che è giusto e che è sbagliato in modo più semplice. Si potrebbe avanti per numerose pagine e approfondire il concetto di cultura, ma non è questa la sede adatta. Per fortuna al centro diurno di via Antonino di Giorgio organizzano numerose gite e mostre, come quella del fotografo Salgado, che ha fotografato l’ amazzonia e gli indigeni, in questo modo si ha la possibilità di accrescere la propria cultura personale.

Blue Jacket

 


Credevo di aver messo piede direttamente nella foresta amazzonica quando sono entrato nella sala del Maxxi dove è stata allestita la mostra, ma invece ero soltanto a Roma, all' interno di un museo. Peccato! Infatti l' emozione che ho provato in quell' istante è stata molto forte, un colpo dritto nella mia anima e, grazie a come il tutto è stato impostato e alle scelte fatte, ovvero il fatto di far calare dall' alto fino ad altezza d' uomo, tramite dei fili pendenti dal soffitto, questa sorta di schermi luminosi contenenti le fotografie del maestro Sebastiao Salgado; la scelta stilistica del bianco e nero che fa risaltare ancor di più la profondità delle immagini; gli schermi posizionati nello spazio vuoto, uno dietro l'altro, come per darti l' impressione di avanzare nella foresta; tutte queste scelte, tutte  azzeccate secondo me, hanno fatto sì che io mi sentissi letteralmente risucchiato all' interno di essa. Da quella prima, fortissima emozione iniziale, ne sono seguite via via, andando avanti nella mostra, molte altre, sempre molto forti, anche se diverse l' una dall' altra. I magnifici paesaggi naturali, estremamente suggestivi, ove appunto la natura regna e l' uomo non è nulla dinanzi ad essa, risaltati oltremodo dai colori in bianco e nero nelle loro sfumature, rappresentano la parte della mostra che mi ha maggiormente colpito e catturato con la sua maestosità e bellezza fin nel profondo della mia anima. Scatti anche dall' alto, per mostrarci l' immensità di questa foresta, assoluto capolavoro della natura. Spettacoli da togliere letteralmente il fiato. E qui sono state le emozioni più intense che ho avuto. Nonché fotografie degli abitanti della foresta, quegli indigeni che hanno scelto di continuare a vivere come stanno facendo da secoli, con i loro corpi praticamente nudi ricoperti quasi per intero da tatuaggi e da piumaggi molto vistosi, usati soprattutto come copricapi, probabilmente per distinguersi nei loro vari gradi sociali. Questa pratica lascia presumere che vogliano assomigliare il più possibile a degli uccelli, animali probabilmente da essi ritenuti molto importanti. E tutto questo completato da una musica che richiama i suoni dell' Amazzonia, composta per l' occasione dal compositore new wave francese Jean-Michel Jarre, che rende appunto completa quest' esperienza virtuale nella foresta più grande del mondo.

A me solitamente non interessano molto le mostre, ma quando quel venerdì pomeriggio sono uscito dal museo, ero incredulo per quanto, questa di mostra, mi avesse colpito.

E pensare che c' è chi sta cercando di distruggerla...

White Cosmos


Non sempre trovo interessanti le mostre del museo MAXXI, ma questa volta la mostra mi è piaciuta e mi sento di consigliarla ad altre persone. Si tratta di una mostra fotografica, le fotografie di Sebastiao Salgado sulla foresta amazzonica. Questo Sebastiao Salgado deve essere un personaggio particolare, non è un semplice fotografo e le sue fotografie non sono semplici fotografie. Ogni fotografia della giungla amazzonica è stata fatta in altissima risoluzione tanto che più che fotografie sembrano quadri, e vengono presentate come tali. Salgado ha l'abilità rara di tirare fuori l'anima della giungla. Inoltre lui non è affatto un personaggio banale perché con la sua ricerca mette in luce due problemi irrisolti dell'Amazzonia: la deforestazione e il fatto che dentro la foresta continuano ad esistere delle tribù che non ne vogliono sapere della cosidetta civiltà industriale. Il problema della deforestazione è un problema politico, il classico problema insolubile perché geograficamente la foresta appartiene sopratutto al Brasile, mentre la portata del problema è mondiale essendo la foresta amazzonica il polmone verde del pianeta Terra. Quanto alle tribù posso solo provare ad immaginare la situazione: quanto può sembrare interessante a chi vive a diretto contatto con la natura e con il mondo spirituale una civilizzazione aggressiva, affarista e senz'anima? C'è da chiederselo e la domanda ovviamente resta inevasa. 

Fantozzi ragionier Ugo


Ambiente scuro. Suoni della giungla. E fotografie in bianco e nero che raffigurano un altro pianeta: la foresta dell'Amazzonia. Venerdì scorso siamo andati al Maxxi a vedere una mostra fotografica sull'Amazzonia. Le foto, scattate da Sebastiao Salgado, mostrano un ecosistema selvaggio, bello, soprattutto durante le intemperie, ma che rischia di scomparire per via della deforestazione e dell'innalzamento della temperatura. Una cosa che incuriosisce sono i "fiumi volanti" ovvero una quantità enorme di acqua che evapora dalla foresta formando delle nebbie vorticose tra gli alberi, letteralmente dei "fiumi per aria".  Poi è stato interessante vedere i diversi gruppi indigeni che popolano la foresta e le loro usanze, credenze e il loro stile di vita in equilibrio con la foresta. Nelle foto appaiono forti e fieri. E uscendo dalla mostra, a parte rientrare nella banalità del quotidiano, mi sono resa conto che sarebbe un peccato se questa foresta, un mondo tutto a parte, dovesse un giorno scomparire.

Lyf

venerdì 8 ottobre 2021

"Oro nero"


La mia esperienza con il caffè riguarda gli ultimi tredici anni, ovvero quando sono venuta in Italia. La mia infanzia fino a tutta l'adolescenza era priva di caffé. Mi ricordo ancora il mio primo cappuccino. Ero a Sutri e dopo averci messo una bustina di zucchero e aver mescolato con il cucchiaino, era ancora amaro. Ma non avevo mischiato bene. Mio padre prese il cucchiaino e lo immerse fino a toccare il fondo della tazza e girò lentamente. Presi un sorso: buonissimo. Non avevo nessuna idea che il caffé, no, non il caffé, l'espresso, fosse così buono. Da lì me ne sono proprio innamorata e lo bevo in ogni modo: semplice, macchiato caldo, macchiato freddo, cappuccino... e ovviamente più ristretto è, meglio è. Una volta (l'unica volta), quando ero adolescente e vivevo all'estero, avevo preso un "frappuccino" da Starbucks. I didn't like it. Era acquoso e, per me, senza sapore. E penso che se provo il caffé americano adesso che conosco il caffé espresso, difficilmente mi piacerà. Ora, dopo tredici anni da quel mio primo cappuccino, ho cominciato a mettere metà bustina di zucchero. Sono diventata un po' dipendente dal caffé, e tutto questo zucchero non mi aiuta a dimagrire.

Lyf

Fantozzi alle prese con "Dune"


Mercoledì scorso Fantozzi con gli altri utenti del gruppo cinema si è allegramente sottoposto al tormento e alla tortura cinematografica del film di fantascienza "Dune". Perché parlo di tortura e di tormento? Perché praticamente tutto il cinema è tortura, tormento e oppressione, una continua voce del padrone che grida "Qui comando io!". Ma questo è un altro discorso... Comunque il film era bello, piuttosto bello, di una bellezza agghiacciante. In teoria stiamo parlando di un film di fantascienza ma in pratica come al solito c'è molto altro. E tanto per cominciare a parlare di questo altro, il film era pieno di una sorta di metafisica nera, opprimente, pesantissima, della quale il regista non riusciva a liberarsi, anzi insisteva compiaciuto a più non posso. Inoltre il personaggio principale, il giovane duca, veniva inquadrato in maniera ripetuta, insistente, quasi a dargli un'aria luciferina. Poi c'erano due popoli in lotta, i Fremen e gli Arkonnen. I Fremen e gli Arkonnen fanno a gara a chi è più cattivo, ma vincono di gran lunga gli Arkonnen. Gli Arkonnen sembrano i classici supercattivi totali, mentre i Fremen sono un popolo che vive nel deserto e che si camuffa dietro una serie di strani foulard. Alla fine il duca non si capisce bene per quale motivo deve unirsi al popolo dei Fremen. Mentre il duca diventava un altro Fremen anche il povero Fantozzi fremeva sulla sedia, perché il film non ne voleva sapere di finire. Sulla fantascienza niente da dire, le astronavi futuristiche mi piacciono molto. E chi sa forse un giorno le costruiremo per davvero. Quando saremo meno polli.

Fantozzi ragionier Ugo


venerdì 1 ottobre 2021

LE SOLITE VANE ELEZIONI 

 


 Tra pochi giorni ci saranno le elezioni per eleggere i sindaci di molte città, fra cui Roma. La sindaca uscente è la Raggi, rappresentante del movimento cinque stelle, la quale si è ricandidata, nonostante ce l' abbiano praticamente tutti con lei per come in questi cinque anni ha amministrato la sua città. Cosa mi aspetto? Niente! Sia per quanto riguarda le nuove proposte (se solo ci fossero), sia per i candidati sindaco. Non mi aspetto assolutamente niente da nessuno, indipendentemente da quale parte politica arrivino le proposte. Infatti sono convinto che chiunque arrivi, non riuscirà o non vorrà risolvere i problemi. Quello che ho sentito finora, infatti, è sempre la solita solfa. Proposte non proposte, che vengono spacciate per nuove e sincere, ma che in realtà sono vecchie come il mondo, prese e resuscitate come gli zombie dalle tombe. Thriller...! Cose già sentite fin dai tempi dell' ultima era glaciale. Cose scontate, ovvie, e che è ovvio che con esse siamo tutti d' accordo. E la cosa più fastidiosa è che ci vengono proposte in modo affascinante, allettante e apparentemente sincero. Come fa il demonio insomma. Ci viene detto in poche parole che è arrivato Dio Onnipotente che risolverà tutto e non avremo mai più problemi. Egli si metterà al nostro servizio e farà solo il nostro bene. Questo è quello che esce da quel buco che hanno in faccia i nostri cari politici, che ci vogliono così tanto bene, ogni volta che ci sono elezioni di qualche sorta. Da lì escono tante meravigliose parole, talmente meravigliose che suonano ridicolmente false ed altrettanto vergognose, perché ci prendono palesemente per i fondelli. In realtà non ci vedono male facendo così, perché hanno capito benissimo che ci caschiamo ogni volta come polli. Noi dovremmo capire una volta per tutte che davanti a noi c' è una perfetta schiera di predatori a cui piace tantissimo il pollame e se lo divorano volentieri ogni volta che possono. Noi per loro rappresentiamo soltanto un enorme pollaio, grande una nazione intera, pronto a sfamare i loro smisurati interessi personali. Anche se poi dopo, da parte nostra finiamo sempre per dire: “Non siamo mica scemi! Non ci caschiamo più!” Allora mi spiegate perché continuate a votarli, comportandovi esattamente da polli?! Io dalle loro bocche vedo fuoriuscire soltanto il vuoto assoluto. Onde sonore che si disperdono in direzioni casuali. Praticamente è come se davanti a noi avessimo un enorme deserto, nel quale ogni tanto spunta un cactus, ovvero una proposta, che sembra anche buona. Peccato però che ha le spine. E se ti pungono, ti fanno un male che tu neanche puoi capire. Però io, nonostante tutto questo marcio che vedo e che ho descritto sin qui, siccome si tratta pur sempre di persone, anche se non sembra, una volta che entrano in politica, voglio avere fiducia che da qualche parte, in qualche luogo e in qualche tempo, alla fine verremo sorpresi con l' arrivo di qualcuno capace, che ha davvero l' interesse a far stare bene noi cittadini. Alla fine riesco a vedere comunque del buono in loro. Lo so... da quello che ho detto finora non sembra così... Ti stai quindi chiedendo per chi voterò? … Nel deserto non ho ancora incontrato nessuno... 

 White Cosmos

"Percepire l'invisibile"

 


 

Mercoledì 15 settembre, noi del gruppo del cinema siamo andati a vedere la prima del nostro cortometraggio al cinema Farnese. Questo cortometraggio è il risultato di un progetto nato nel 2019 ed è stato realizzato con l’aiuto dell’associazione “Nel Blu Studios”. S’intitola “Percepire l’invisibile”, dura otto minuti e parla del tema dell’invisibilità quale metafora per indicare l’atteggiamento della società nei confronti di qualsiasi persona con un disagio. La prima mi è piaciuta molto. L’anno scorso, durante le riprese, stavamo nella stanza accanto a vedere tutto tramite un piccolo schermo. Guardandolo per la prima volta su uno schermo grande, con gli attori in primo piano e l’aggiunta degli sfondi, sono rimasta contenta sia del rendimento degli attori che del cortometraggio in generale. Inoltre mi è piaciuto il fatto che durante il cortometraggio apparivamo noi a commentare e raccontare la storia; un po’ mi ricordava gli audiolibri che ascoltavo da piccola. Ma cosa mi rimane di quest’esperienza? Che mi sono divertita molto. Che scrivere una sceneggiatura non è facile ma comporta molta passione. E poi le riprese, i costumi, gli attori, le luci, le videocamere, lo sfondo verde, il trucco, oggetti di scena... tutto un altro mondo fuori dalla realtà. Grazie quindi a Nel Blu Studios, in particolare a Matteo Martone e Tino Franco, per averci dato questa possibilità. (Una piccola curiosità: il cortometraggio nasce dalla fusione di due storie completamente diverse, anche se forse non si direbbe.) 

Lyf

 

Prima della visione del cortometraggio, di cui abbiamo scritto la sceneggiatura, ho provato varie emozioni. Non so se dire finalmente ci siamo arrivati, ma per me è stata più coinvolgente l’attesa (anche perché molto lunga e sofferta a causa della pandemia) che il risultato finale.

Quindi, anche se il cortometraggio è stato molto bello (ma breve) e simpatico, devo dire che io mi sono goduta più tutta la preparazione.

A partire dagli incontri con i Blue Studios, sino all’intervista, che a me è capitata dopo un periodo della mia vita molto particolare e che io mi sono riguardata molte volte per questo.

Poi è stato molto bello girare con una vera telecamera alcune scene, cosa che non mi era mai capitata prima, soprattutto a Campo de’ Fiori, zona tipica romana. Queste non vedo l’ora di rivederle, anche perché non abbiamo seguito un copione a parte l’ impostazione, ma abbiamo recitato  spontaneamente.

Fata Morgana

 

 

Per me il risultato finale del nostro cortometraggio è stato un risultato sufficiente. La mia impressione durante la proiezione è stata che gli effetti speciali erano più semplici di come me li aspettavo, ma poi mi hanno fatto notare che le riprese sono state fatte durante il lockdown e che quindi non è stato possibile fare riprese in esterna e che quindi tutto il cortometraggio si è svolto nel teatro di posa del Blu Studios. Mi è piaciuto anche l'inserimento di spezzoni delle interviste usate come voce narrante della storia. Il mio giudizio complessivo comunque resta nell'ambito della sufficienza. Mi sono chiesto a questo punto se potevamo fare di meglio, e mi sono tornate in mente le mie riserve sulla fase della sceneggiatura. Io non ero convinto della nostra sceneggiatura perché ad un certo punto avevo notato che avevamo mischiato due storie diverse che stavano su piani differenti di realtà e che il risultato finale veniva un po' pasticciato. Ero perplesso in modo particolare dal fatto che il personaggio principale, Francesco, appariva e scompariva di continuo. Questo può avere influito sul risultato finale, anche se non posso dirlo con certezza assoluta. Poi va anche detto che è proprio vero che tra sceneggiatura e regia c'è proprio una cesura, ossia il regista interpreta a suo modo la sceneggiatura ed è il vero capo dell'opera cinematografica, ha la parola definitiva sul lavoro che viene fatto e comunque devo dire che sono contento del lavoro registico. Le mie perplessità sul lavoro che abbiamo fatto in fase di sceneggiatura riguardano solo noi, ossia forse siamo stati un po' ingenui essendo la nostra prima esperienza nel mondo del cinema. Invece le lezioni di sceneggiatura di Martone sono state ottime, così come la regia di Tino Franco. Ho sentito dire che forse il corto girerà in qualche festival di corti, forse lo Spiraglio, e ne sono contento. Non mi è sfuggita anche la possibilità, buttata lì, di poter continuare a lavorare col Blu Studios in futuro. Sicuramente se ci sarà una prossima volta saremo forti dell'esperienza fatta, si spera, nella nostra prima volta.

Fantozzi ragionier Ugo

 

 

Scusatemi l’intrusione ma non potevo esimermi dallo scrivere un pezzo per l’uscita del nostro cortometraggio, anche se ho dovuto lottare come un leone per vincere la resistenza dei miei colleghi che non vedevano l’ora di scriverlo loro. Ma la mia perseveranza e insistenza l’ha spuntata, per mia fortuna. Innanzitutto grazie a tutti coloro che sono venuti al cinema Farnese a vedere la prima del corto “percepire l’invisibile” e fatemi anche ringraziare il centro diurno Antonino Di Giorgio, I Blu studios, gli attori e tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione del cortometraggio. È avvenuto un piccolo-grande miracolo! Siamo riusciti a scrivere, realizzare e proiettare in una sala cinematografica un piccolo film di otto minuti. Sembra poca cosa ma di questi tempi è tanta roba come dico io. E ancora grazie per il secondo piccolo-grande miracolo perché alla proiezione erano presenti utenti del centro diurno e della comunità di Monte Santo e del centro diurno Antonino Di Giorgio e naturalmente il personale dei blu studios, insomma un sacco di bella gente e anche un sacco di gente bella. All’inizio di questa avventura circa tre anni fa scrissi un pezzo sul blog intitolato “l’evoluzione darwiniana” dove parlavo dell’evoluzione avvenuta nel nostro gruppo che era passato da homo passivus a homo postivus e poi a homo creativus e mi chiedevo se un giorno saremmo mai arrivati a essere homo sapiens-sapiens. E concludevo ironicamente A Neil Armstrong stamò ad arriva! Parafrasando la famosa battuta che l’astronauta disse quando calpestò il suolo lunare: ”un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità. Adesso lasciatemi dire:” Neil Armstrong semo arrivati”!

Inoltre spero che un giorno non troppo lontano di riuscire a fare una collaborazione tra il centro diurno Antonino Di Giorgio e Monte Santo, affinché possano nascere nuovi  progetti di collaborazione, condivisione e contaminazione tra i vari centri diurni. E così un giorno potrò scrivere finalmente “A Neil Armstrong t’avemo stracciato” e avremo raggiunto l’ambito traguardo dell’homo sapiens-sapiens. Mamma mia!! Cosa difficile, mi rendo conto, forse ancor di più dello sbarco sulla luna. Ma io sono un ottimista, e come diceva il saggio, l’ottimista è colui che crede, che ogni alba, ci regala un giorno in più per sperare, e ogni tramonto, un giorno in meno per soffrire.

Nonno Elpho