venerdì 18 settembre 2020

Il misterioso lavoro del cinema, ovvero polvere di stelle (blu)

 Siamo dunque stati noi utenti del gruppo cinema ospitati come osservatori alle riprese del cortometraggio scritto da noi dal titolo "Amore e Lavoro". Io sono potuto andare solo due pomeriggi, siccome la mattina sono impegnato, e la prima volta è andata un po' così, e siccome nella nostra stanza c' era il monitor ma era privo di audio, e quindi non si riusciva a seguire bene il lavoro senza ascoltare le voci del regista, della costumista, del tecnico delle luci, ecc, e degli attori. Poi però sono state aggiunte due casse audio ed è cambiato tutto. Abbiamo quindi visto all' opera il mitico team del "Blu Studios", capeggiato da Tino Franco che come regista non appena si siede sulla sedia si vede che "gode" e che sente... l' aria di casa! Ho conosciuto anche i due attori che fanno la parte principale, quelli di Francesco e Silvia, e la mia impressione dell' attrice che fa la parte di Silvia è stata subito ottima, una gran simpatia a pelle, e mi sembrava di averla già vista da qualche parte, lei mi ha detto: forse in qualche pubblicità. Mi ha stupefatto come questa Daria Neverova si é dichiarata entusiasta della storia che abbiamo composto (anche se io dapprima ero di diverso parere) e lei sul set mi è sembrata autentica e molto professionale. Però non ho avuto una identica impressione dell' attore che fa la parte di Francesco, è bravo pure lui ma... bhò , lasciamo stare. Poi devo dire che sono rimasto impressionato quando ci hanno ospitato sul set, dal modo frenetico in cui lavoravano, tutti insieme come una vera squadra, dall' inizio alla fine, tutto il giorno. Ho pensato  "questi lavorano come dei pazzi" e in teoria i pazzi saremmo noi... Poi anche mi ha sorpreso la grande differenza del modo di lavorare del cinema rispetto al teatro, io ingenuamente mi aspettavo una recitazione con in più la telecamera, ed invece è molto più di questo, girare anche una sola scena del nostro corto è una cosa complicatissima, tra fondali, l' uomo invisibile che viene montato in post produzione, sovrapposizioni di scene o di parti della stessa scena, ecc. ecc., insomma altro che teatro, il cinema ha tutta una sua scienza a parte, e ho pensato pure che rispetto al teatro "il cinema è tutto finto" cioè rispetto al teatro che è recitazione fatta di carne viva, il cinema è così pieno di artifici tecnici che per fare una sola scena ci vogliono dieci trucchi e una grande fantasia  di tipo immaginativo da parte del regista.

Fantozzi ragionier Ugo

La Fede

 


La fede è una fiducia totale in qualcosa o qualcuno. Abbiamo fede perché crediamo che le cose andranno meglio. Le persone che hanno fede sono in grado attraversare momenti difficili. Per esempio ho fede in Dio credo che cambierà la mia vita per essere migliore. Quando abbiamo fede possiamo ottenere ciò che vogliamo. La fede funziona bene con pazienza, amore e fiducia. non puoi avere fede quando non hai amore pazienza e la fiducia in ciò in cui credi. Le cose che amiamo tendiamo a mettere la nostra fede li. La fede è una scelta personale nessuno può costringerti a credere in qualcosa. L a fede può essere nutrita, i genitori possono insegnare ai loro figli la fede quando crescono. Può essere insegnata a scuola a casa o nella chiesa. Quando abbiamo fede in qualcosa facciamo la scelta giusta nella vita.Ci aiuta a non arrenderci nella vita. Ci dà speranza per un domani migliore. Quindi la fede è importante per tutti perché ci aiuta a continuare ad andare avanti con la vita.

Moh 

venerdì 4 settembre 2020

Il film "Whiplash" e la disciplina del jazzista



 Io, ovvero mr. Fantozzi ragionier Ugo, sono finito per ragioni complicate che non sto a spiegarvi, in un'odissea fantozziana del jazz, in un delirio di ore passate ogni giorno al pianoforte con lo scopo di trasformare me stesso da pianista rockettaro ad essere anche un pianista jazz, ed in questo articolo vi voglio raccontare le difficoltà che sto incontrando e le piccole e gustose scoperte che sto facendo. Dunque, noi del gruppo cinema del centro diurno abbiamo visto qualche mese fa il film "Whiplash", film che narra una situazione simile a quella mia, cioè la storia di un batterista ed i sacrifici e la rigida disciplina che deve imporsi per essere un batterista jazz, e per giunta il suo insegnante è severissimo e gli tira addosso degli oggetti se lui non va a tempo. Ecco, io sono finito in una situazione simile e accanto a me è come se ci fosse il severo insegnante di Whiplash anche se nella realtà non c'è nessuno.  Anzi uno veramente c'è, un maestro di musica che ho trovato su youtube, un certo Tino Carugati, che a quanto pare è l'unico maestro jazz che va bene per me. e dico questo perché ne ho già provati alcuni in passato e succedeva sempre la stessa cosa, cioè mi cacciavano via non appena si rendevano conto di come io tocco il pianoforte e del colore armonico che mi viene spontaneo, un colore "proibito" pure per loro. Dunque, per prima cosa il rockettaro che vuole imparare il jazz deve apprendere il ritmo "swing", ovvero il jazz è fatto con le terzine, terzine che sono il superamento del classico ritmo binario un - due, un - due, del rock. Le terzine invece sono fatte di tre elementi, un tempo forte e due deboli, cioè un battere e due levare.inoltre , il tempo swing ti costringe a suonare le note e gli accordi sul primo e terzo elemento della terzina, facendo venire fuori così il classico ritmo "dondolante" swing ta ta - pausa - ta ta pausa - ta ta  pausa, ecc. La magia del jazz suppongo che sia il colore rosso dell'armonia che si ottiene collegando note e accordi sul terzo elemento della terzina. Inoltre sto anche studiando l'improvvisazione jazz, e vengo dal rock dove l'improvvisazione è molto "facile" siccome in teoria basta suona le sette note della scale nella tonalità della canzone, per tutta la canzone, e per i rockettari basterebbe questo, ma in realtà non è proprio così, e vi spiego il perché tra poco. Nel jazz invece ogni accordo si cambia scala per improvvisare e c'è una varietà molto maggiore di accordi rispetto al rock, e per ogni tipo di accordo bisogna imparare la scala (o le scale) che ci stanno bene insieme. Questo si chiama teoria della scala/accordo. Ma ti facilita il compito di "scala consonante". Una scala si dice scala consonante se, per prima cosa, contiene le quattro note dell'accordo e se, per seconda cosa, le altre tre note stanno a distanza di tono di un tono intero dalle prime quattro. Questo perché a distanza di semitono stridono troppo. Ma, tornando al rock, questa si riflette pure su di loro, per esempio anche il classico rockettaro che utilizza solo accordi maggiori e minori si trova alla lunga di fronte a un problema, cioè che sopra l'accordo maggiore la scala delle classiche sette note non ci sta proprio bene bene, c'è la quarta nota della scala che cozza con la terza maggiore dell'accordo, quindi invece di usare la solita scala maggiore per improvvisare servirebbe usare la scala lidia, cioè la stessa scala con un diesis sulla quarta. Questa è la ragione perchè alcuni famosi musicisti rock sono diventati tali (come Lucio Dalla) dopo che sono passati anche per la scuola del jazz.

Fantozzi Rag. Ugo