venerdì 4 ottobre 2024

Signor Gregorio


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Capita anche di essere bambini, qualche volta. Oppure degli adulti non fagocitati dagli eventi, e di chiedersi inframmezzati da silenzi: ma io qua, su questa terra, ma che ci sto a fare? Quale è il senso delle cose, tutte; e soprattutto del mio soffrire, del mio male? Perchè io devo vivere? Perchè io, devo morire?

Nel mentre di queste amene elucubrazioni incessanti, che sempre mi hanno accompagnato nella vita, io ero ricoverato e ascoltavo molta musica in un religioso silenzio, per cercare di lenire questo buco funesto presente da quando ho memoria del mondo. Ed ecco, una radio, Rai Radio 3, trasmette a tarda sera musica classica del 1600 che, lì per lì, mi lascia un po’ stupito.

Era la prima volta che sentivo, almeno con attenzione, un'opera di canto gregoriano. Ne fui affascinato a tal punto che il breve nome “Tallis Scholar”, mi rimase impresso fino alla mattina dopo. Era il nome dei coristi, che io cercai immantinentemente sul web, e presto capitai sul disco della loro versione del Miserere. Questa opera di Gregorio Allegri era eseguita durante una messa particolare, che si svolge nella Settimana Santa, ossia l'ufficio delle Tenebre. Era una messa completamente al buio, officiata nella cappella Sistina a Roma e oggi non più in uso. I papi dell'epoca erano così gelosi di questa opera, che non permisero che fosse trascritta e portata fuori dalla cappella, pena la scomunica. Tutti i coristi la eseguivano a memoria (o forse da un singolo spartito mai rinvenuto), e i ritocchi e gli abbellimenti venivano tramandati tramite tradizione orale. Oltre alla genialità compositiva che la rese una delle opere più importanti del periodo, una fama che superò tutti gli altri Miserere precedenti e successivi, e una tecnica canora apparentemente presente nella partitura, conosciuta come “Do sovracuto”, questo brano suscitava talmente tanta fascinazione che molti tentarono di trascriverlo di nascosto. Il Do sovracuto è una nota così alta che poteva essere eseguita solo dalle voci bianche del periodo, o che oggi può essere eseguita da coriste donne (allora inesistenti) o da uomini con palloncini di elio predisposti ad alzare l’estensione vocale. Tra i trascrittori illegali del Miserere, c’era anche un giovane Mozart.

Mozart avendo un orecchio assoluto (ossia identificava le note in maniera univoca) e una memoria eidetica (ossia poteva ricordare per un breve periodo di tempo, ma alla perfezione, qualunque brano sentisse) trascrisse quello che udì durante l'ufficio delle Tenebre. Oggi il Miserere che conosciamo, è un’elaborazione sui suoi scritti e su quelli di altri trascrittori illegali.

Il miserere originale, con tutti i suoi abbellimenti e le sue tradizioni orali (nonché con la questione sull’effettiva presenza nella versione originale del Do sovracuto), è andato perduto e quello che possiamo sentire eseguito dai Tallis Scholar non è altro che una meravigliosa e fantastica, ma non originale, imitazione.

Eppure passano i mesi, silenziosi anche loro; religiosi e ligi. E forse fu per il Miserere, forse non solo per quello, ma io mi feci portare una Bibbia color mattone, gli scritti di Sant’Agostino, e i parenti e gli amici dei parenti religiosi, mi regalarono brevi libercoli di personaggi noti e meno noti tra gli adepti di Cristo e dei suoi Apostoli.

E pensare che io ero stato un feroce lettore di Nietzsche, e di Cioran, e di tutta una tradizione critica verso il cristianesimo. Guardavo Cristo come un uomo, e San Paolo come un mistificatore e un abile mercante di idee non sue. Io non sapevo se mi sentivo più da una parte o dall’altra, ma non volevo scegliere.

E infatti, ho evitato di farlo.

Quel cortocircuito si è risolto, come un malanno autolimitante di stagione, come una notte d’amore o come il sole che ogni sera, religioso va a dormire.

Ero a tavola, in solitudine; e ascoltavo una playlist di musica italiana. L'apparecchio esordì con una canzone fino ad allora sconosciuta. Si intitola “Il Dio delle piccole cose” di Max Gazzè, Daniele Silvestri e Niccolò Fabi, e di cui non ricordo neanche bene le parole.

Ricordo però che risolse “tutte cose”, direbbero al Sud, qui in Italia.

In poche brevi frasi la mia mente trovò la mia personale sintesi tra un Dio che mi stava stretto e un mondo gelido che mi stava largo, nel senso che non mi dava un senso, un motivo e una direzione. Che non mi spiegava il dolore, e tutto ciò che prima ho avuto modo di dire.

Ci vorrebbero altre trecento parole e frasi per spiegare che la musica ti salva, che se la chiami è sempre lì che ti ascolta, e che alle volte ti crea, altre ti affossa.

Ma io invece impiego questo spazio per dire che ora, io, sono un devoto adepto delle piccole cose (senza riferimento alla canzone, ma per una sua imbeccata feroce). Per me Dio ha smesso di dividere i mari e lanciare le piaghe, far scendere i suoi figli e apparire ai santi, o quantomeno in maniera plateale. Non parlo degli altri però, parlo del mio Dio.

Il mio Dio mi fà trovare 2 euro in tasca quando ho voglia di un gelato, mi fa trovare 5 minuti di riposo non programmato quando sono stanco all’improvviso. Non fa suonare la sveglia o mi dà mille altre scuse per un impegno che odio. Il mio Dio fa cadere il mio cellulare, ma non lo fa rompere, se sono al telefono con la donna che amo.

È un Dio silenzioso, religioso, ma presente.

E mi aiuta nelle piccole cose, mi fa scoprire Allegri, il Miserere. Mi fa cambiare e vivere le cose. Passa per le mie mani libri e idee, mi mette in condizione di cambiare e amare.

Ha un unico peccato, non ascoltare ciò che il mondo ci può offrire.

Ma non si arrabbia se pecchiamo: “Sò ragazzi! Che voi fare!” sembra dire.

Mentre mi aiuta nelle piccole cose, perché le grandi cose, come sconfiggere la paura e trovare un senso, invece, stanno a me…

Lui me le può solo indicare… 

 

iononquadro

Fantozzi alle prese con... la libertà!


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Salve a tutti e a tutte dal vostro impresentabile Fantozzi ragionier Ugo! Come mi capita spesso, oggi non so che scrivere e allora accolgo uno spunto che arriva da BuioTotale, che farebbe meglio a scegliersi un soprannome più ottimista, ma non è di questo che vorrei parlare in questo articolo... BuioTotale mi dice sul 201 mentre veniamo insieme al centro diurno, che vorrebbe vivere in un'isola nella quale non esistono regole e nella quale tutti rispettano tutti, secondo il principio "la mia libertà finisce dove comincia la tua", insomma una sorta di utopia che assomiglia molto a una comune anarchica, soprattutto per quanto riguarda la faccenda delle regole. Io invece avendo un approccio per così dire più socialista, so per esperienza che così come nel capitalismo esistono regole ingiuste che vanno a vantaggio dei grandi e piccoli padroni, regole che sanciscono il diritto a sfruttare i lavoratori con il furto legalizzato del pluslavoro che diventa plusvalore, sono possibili anche regole di giustizia, regole proletarie da contrapporre alle regole borghesi, regole che scoraggino i padroni dell'appropriarsi del pluslavoro / plusvalore degli operai etc etc... Io quindi non sono contrario in assoluto alle regole, sono per sostituire le regole di ingiustizia con le regole di giustizia. Una situazione di parità economica senza più furti legalizzati, può essere la base per altre future libertà. A me interessa la libertà, diciamo che in un certo senso la libertà sarebbe proprio il core business di un... Fantozzi ragionier Ugo. Però si dovrebbe specificare anche libertà di fare che cosa. Nella democrazia la libertà consiste in avere e esprimere delle opinioni, e in finale non è una grande libertà. Invece nel socialismo si coltiva la libertà di avere delle idee, per prima cosa si parte dalla politica internazionale per poi arrivare ad ogni altro ambito!


Fantozzi ragionier Ugo

PRIVACY OGGI



                               https://www.studiocataldi.it/articoli/29627-gdpr-tutto-quello-che-c-e-da-sapere.asp


In un intervento pubblicato sul sito del Garante della privacy, l’ avvocato Guido Scorza, componente del Collegio dell’ Autorità Garante per la Protezione dei dati personali, ha evidenziato quali saranno le nuove sfide privacy che ci aspettano nel futuro, ponendo l’ accento sulla sempre crescente importanza dei dati nella nostra economia e nella nostra vita di tutti i giorni e sottolineando come, nella storia dell’ umanità, mai prima d’ ora i dati, in particolare quelli personali, hanno occupato una posizione così centrale nelle dinamiche di mercato, nella società e nelle democrazie. Dall’ affermazione dell’ allora Garante , Antonello Soro, che nel lontanissimo 2003 disse che Google, con tutti i dati che tratta, ha più potere di una dittatura, alla definizione ormai universalmente accettata di nuovo oro nero, siamo tutti d’accordo nel dire che i dati rappresentano il cuore del modello di business dell’intero ecosistema digitale, nonché uno degli elementi fondamentali per l’alimentazione degli algoritmi di intelligenza artificiale. Sui dati si basano ecosistemi miliardari, primo fra tutti quello dei social network, e l’anno che verrà non solo non vedrà arrestarsi questo fenomeno, al contrario lo vedrà sempre più protagonista. Il 2023 si è concluso con diversi punti aperti, in ambito privacy, e sfide che il nuovo anno non potrà fare altro che raccogliere e gestire e, per dirla proprio con le parole di Scorza, pare che “Chi segue le cose dei dati personali e della privacy, per certo, nel 2024, non si annoierà”. Partiamo dall’onnipresente Meta, che poco prima delle festività natalizie ha annunciato ai suoi utenti europei che, per continuare a utilizzare i propri servizi, avrebbero dovuto scegliere tra sottoscrivere un abbonamento a pagamento o acconsentire all’utilizzo della profilazione per la personalizzazione della pubblicità. Un bivio netto: “Paga o acconsenti”, pay or ok, modello di business già ampiamente utilizzato da moltissimo editori di giornali online, con il loro “paywall” , cioè accetta i cookie oppure paga per leggere i contenuti della nostra testata, peraltro finito al centro di un’istruttoria del Garante, che al momento in cui si scrive non ha ancora fornito alcun esito, pur sollevando importanti questioni etiche e legali. La questione della privacy nei prossimi anni sembra destinata a giocare un ruolo chiave nelle vite delle persone, nella società, nei mercati e nelle democrazie. La risposta a interrogativi cruciali, come la liceità o illeceità di modelli di business basati sulla profilazione diventa urgente, poiché il diritto alla privacy potrebbe rischiare di diventare un privilegio accessibile solo a coloro che possono permetterselo.


Blue Jacket

Rabbia

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La rabbia e' la più malvagia tra le emozioni. E' molto comune e diffusa. Chi e' che non e' arrabbiato 24 ore su 24?. Regna sovrana nel quotidiano, coinvolgendo tutti nessuno escluso. E' subdola, insidiosa, spesso inconsapevole ed inconscia. E' una reazione difensiva che nasce dalla mancata accettazione del fatto, dell' accadimento, dell evento non gradito. Il reato, il sopruso, la prevaricazione, la provocazione, l'invidia, la gelosia, la delusione, la frustrazione, la repressione, o piu' semplicemente lo stress e la tensione accumulati la concepiscono e la determinano. Fattori esterni e fattori interni si amalgamano e si confondono. La ragione si offusca, si annebbia, finisce di difendersi e di essere difesa. Finisce in carcere e si ammala. Occorre l' intervento rispettivamente dell' avvocato e del medico per liberarla e curarla, ma spesso queste due figure professionali non ci sono; se la deve cavare da sola. Si trasforma in ira cieca ed aggressività non contenuta. La capacità di autocontrollo e le funzioni dei freni inibitori cedono il posto all'irrazionalità. L integrazione tra la ragione e l' impulso non funzionano più. La rabbia colpisce e coinvolge tutto: la mente, il cuore, il volto, il fisico. La mente, come suesposto, finisce in carcere e si ammala. Le pulsazioni del cuore aumentano, l'espressività del volto e' amplificata all'ennesima potenza, cosicché il viso diventa irriconoscibile e cambia di colore. Il fisico dapprima si irrigidisce, per poi lasciarsi andare liberamente attraverso una escalation incontrollabile. Mi chiedo: e' importante scaricare la rabbia? Secondo me no. Non va scaricata, ma va gestita e canalizzata nelle giuste e sane direzioni. L'esempio più importante è rappresentato da il dedicarsi all'attività ed all'esercizio fisico. La rabbia e' la più malvagia e meschina tra le emozioni e, di conseguenza, proprio la capacità di autocontrollo, la capacità di contenerla e la relativa gestione, costituiscono gli indici più rappresentativi della selezione naturale finalizzata alla riproduzione, alla procreazione e alla continuazione della specie.

Tigrotto 75