venerdì 22 marzo 2024

Ponti romani

 





Gli etruschi, prima dei Romani, conobbero il segreto della costruzione dell’ arco, con cui si

potevano fare porte cittadine, acquedotti ma soprattutto ponti. L’ arte di costruire ponti era

sacra da cui il termine Pontifex, facitore di ponti, da cui l’ attuale termine cattolico

Pontefice; se poi si trattava del mastro costruttore, si chiamò in epoca romana il Pontifex

Maximus, la massima carica sacerdotale pagana da cui abbiamo tratto il Sommo

Pontefice. Roma fu del resto costruita nell’ unico punto in cui era possibile unire con un

ponte le due sponde del basso Tevere, un ponte facile da proteggere militarmente, e da

qui dominava tutto il traffico fra l’ Etruria e l’ Italia meridionale. L’ arte di costruire i ponti fu

dunque etrusca ma ben presto divenne romana. Ma solo quando l’ Urbe riuscì ad avere il

controllo della riva sinistra venne costruito questo ponte, il primo della città, per volere di re

Anco Marzio, appunto presso vicino il guado del Tevere. Il Pons Sublicius venne infatti

eseguito interamente in legno per poter essere facilmente demolito in caso di attacco

nemico. E’ il più antico ponte di Roma, realizzato in legno al tempo di Tullio Ostillio e

terminato da Anco Marzio secondo Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso. In quanto alla

tecnica si usava anzitutto deviare il corso del fiume attraverso canali e chiuse, di cui gli

Etruschi avevano già la massima esperienza, quindi si scavava e si ponevano fondamenta

e pilastri. Su questo veniva poggiata un’ incastellatura di legno ad arco, su cui venivano

poste le pietre già rastremate a scalpello. Per ultimo si poneva il cuneo, la pietra

rastremata più grande di tutte che veniva inserita al centro esatto dell’ arco, dopodichè l’

incastellatura di legno poteva essere tolta e usata altrove. Il cuneo diventava così la

chiave di volta e il peso dei muri si scaricava lungo i montanti permettendo di sopportare

carichi enormi. La principale preoccupazione dei Romani nella scelta del luogo dove

costruire il ponte fu soprattutto di avere abbondante roccia a disposizione su cui fondare le

spalle dei ponti ad evitare che piene o alluvioni potessero danneggiarli. Poi si prevedeva la


temporanea deviazione del corso d’ acqua tramite un sistema di palizzate e dighe. Si

procedeva, quindi, allo scavo per raggiungere il massiccio roccioso su cui fondare i piloni

del futuro ponte. Dopodichè si alzava una struttura lignea dotata di una sagoma

semicircolare; su di essa venivano appoggiati i conci, pietre squadrate con un opportuno

taglio trapezoidale. Si utilizzavano delle gru dotate di paranchi a vari rinvii per posizionare

le pietre sulla centina di legno fino ad essere unite al centro dell’ arco dalla cosiddetta

“chiave di volta”, un concio solitamente più grande degli altri. A volte, le pietre venivano

legate fra loro con della malta. Quando la centina di legno veniva rimossa, tutto il peso

della struttura si scaricava sul terreno consentendole di sopportare enormi carichi. Gli unici

accidenti che potevano distruggere un ponte romano riguardavano assestamenti imprevisti

del terreno, terremoti o eventi bellici.


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