venerdì 29 novembre 2024

Er peccato origginale



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So d' accordo, so cugini e alcuni pure fratelli, non c' è dubbio.

So eruditi, so plutocrati, so... .

Ma non è mica colpa di nessuno, se loro so della lazio. 

Errare è umano e dare la colpa agli altri ancor di più!

Ma perseverare nell' errore è diabolico.

Tutto vero!! Cose sapute e risapute, ma il peccato origginale della lazio rimane.

Er peccato origginale è scritto nella storia. Infatti i "laziali" so nati prima dei "romanisti". Nel 1900 si riunirono dei dirigenti sportivi per scegliere il nome della nuova società di calcio della capitale. E loro dopo matura e ponderata riflessione scelsero il nome di lazio.

Eggià!!

Avevano una chance, la possibilità di chiamarsi roma! Invece no!! Niente!!!

Uno pensa: "Se so' sbajati?!"

Nun se ne so' accorti subbito, e poi era troppo tardi. 

Ma... 

Però...

Se so' pentiti???

E invece no!!

Hanno voluto chiamarsi così!!

Forse perché...

So laziali!!!


Nonno Elpho

Sasha



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Ieri, girando su internet, un articolo mi ha sconvolto.- Un articolo on-line di un quotidiano. Sono rimasto letteralmente inchiodato nella lettura di quelle pagine. Parlava di una cosa atroce, orribile per la brutalità della vicenda e altrettanto sconvolgente per la freddezza con la quale, superato un certo punto, quelle cose possono accadere. La mia mente, la mia morale, la mia umanità, mi dicevano di chiudere immediatamente quell' articolo e fare altro ma il mio istinto e la drammaticità di ciò che stavo leggendo invece mi dicevano di rimanere lì e continuare a leggere. 

Sasha, è un uomo di quarant' anni che vive in Ucraina. Per la precisione nel Donetsk, la regione attualmente più calda e invivibile dell' intera Ucraina, anche se di certo questo non è il luogo dove lui aveva sognato di vivere e di fare quello che fa. E' di stanza lì, nella regione di Donetsk, a Pokrovsk, dove ogni giorno, ininterrottamente, senza dar3e un attimo di respiro, i russi premono sulle linee di difesa ucraine, prendendo di mira e bombardando ogni cosa, senza curarsi di niente e di nessuno. 

Sasha è un tiratore scelto, un cecchino e per lavoro uccide le persone. E' uno dei migliori di cui dispone l' esercito ucraino e per questo è un uomo molto prezioso. Lui con la sua unità, sono fondamentali per portare avanti le battaglie contro l' invasore. Sono uomini super protetti e agiscono nell' ombra. Nessuno può permettersi di perderli e lo stesso Sasha non può rischiare di essere ucciso a sua volta. Il suo nome di battaglia è "Fantasma", perché lui è e agisce così, come un fantasma. Personalmente, lui, in diciassette mesi ha eliminato 147 russi e in totale la squadra, nello stesso periodo, ha superato i 1200. Lui ha un record personale. La distanza massima dalla quale è riuscito ad eliminare un russo è sul km e mezzo ma normalmente colpisce tra i 300 e i 500 metri. Le sue missioni durano circa 48 h e può rimanere appostato, immobile, per decine di ore. Il record assoluto lo ha però stabilito un suo commilitone, colpendo e freddando un russo dalla distanza di 3,8 km.

"Uccidere un nemico russo è come un normale lavoro. Non ho fretta, ho pazienza. Agisco come un fantasma. Mi assicuro che sia a tiro utile, prendo la mira e sparo. Il lavoro più pulito è finirlo con un colpo solo, preciso. Cerco di non farmi individuare e di non allontanarmi. Ripensamenti? Guai se ne avessi! Non so come andrà a finire!"

Io, che farei?


White Cosmos

STRADE ROMANE



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Le strade romane nell’antica Roma mettevano in comunicazione tutto l’impero. Furono gli Etruschi a insegnare ai Romani come costruire canali, acquedotti, ponti e strade perfettamente drenate. Gli etruschi, tuttavia, si erano limitati a costruire strade ben livellate, drenate e perfettamente levigate, ma sterrate. I Romani fecero un passo decisivo passo avanti: aggiunsero la pavimentazione. La tecnica era ben nota e in Medio Oriente era già impiegata da secoli, ma solo per brevi distanze e in località particolari. I Romani la utilizzarono per miglia e miglia su tutte le strade più importanti. A partire dal IV secolo a.C., la rete stradale romana si strutturò in lunghi percorsi destinati a raggiungere in età imperiale un’ area che oggi appartiene a circa 32 nazioni. In età imperiale, quando Roma raggiunse l’ apice della sua espansione territoriale, si avvertì l’ esigenza di costruire nuove strade. Ben presto non vi fu area che non fosse raggiunta da una via di comunicazione. I Romani consideravano le srade, oltre che un indispensabile strumento di commercio, un importante fattore di coesione politica e culturale. Le strade dell’antica Roma, dette “pretorie” o “consolari”, hanno contribuito allo sviluppo della civiltà romana in tutto il mondo. Le strade antiche di Roma costituiscono un’importante testimonianza di come l’ingegneria civile sia stata messa al servizio dell’Impero, consentendo a quest’ultimo di conquistare terre, dominare popoli e difendere i propri confini. Come erano fatte le strade dell’antica Roma ? Il sistema alla base della costruzione delle strade romane si rivela piuttosto complesso. Il primo passo era quello di definire i margini e scavare in profondità la terra adibita a carreggiata. All’interno di questo scavo venivano posti quattro strati di materiali diversi. Da qui il nome tecnico “via strata” da cui ha origine il termine italiano “strada”. Le “viae” erano le strade che collegavano Roma con altre città, mentre le strade che si inserivano nel contesto urbano venivano chiamate “strate”. La costruzione delle strade, motivata principalmente da scopi militari e poi anche di comunicazione e commerciali, si rifaceva a tecniche che sono note grazie ad alcune testimonianze letterarie, come per esempio gli scritti dello poeta Livio, ma anche grazie allo studio delle opere stesse. Gli strati erano quattro: lo “statumen”, una base massiccia, composta da blocchi alti almeno 30 cm, la “ruderatio”, fatta di pietre tondeggianti legate con calce, il nucleus, uno strato di ghiaia livellato con dei cilindri, Infine il quarto strato, ossia il rivestimento, era costituito dal pavimentum, fatto di grossi massi di pietra basaltica dura, un materiale praticamente indistruttibile. Ai bordi delle strade trovavano posto le pietre miliari, ossia delle colonne che segnalavano la distanza in miglia, l’unità di misura adottata dai romani.


Blue Jacket

venerdì 22 novembre 2024

0 tituli

 


Buongiorno a tutti e tutte dal vostro "puffetto viola" Buio Totale. Quest'oggi in mancanza di grandi idee vorrei parlarvi dell'ambiente che frequento di più. Quasi più del centro diurno. Le chat. E degli effetti che hanno sulle persone. Innanzitutto ci sono due modi di usare le chat. Uno sano, parlando di vari argomenti (anche seri), per poi sfociare nella carrellata del secolo e buttarla sul ridere (senza giudizi). E uno malato. Entrando solo per giudicare, deridere, bullizzare e affondare l'altro, solo per mancanza di autostima. E allora che si fa? Si prevalicano le altre persone spesso in pubblico, facendo gruppo così da colpire il malcapitato nel profondo. Troppo nel profondo. Talmente tanto a fondo da fargli pensare che è lui quello sbagliato, quello strano magari perché vagamente effemminato o un po' più riservato degli altri. E così facendo, spesso, troppo spesso, non va a finire bene. Io vi posso dire, per la mia breve esperienza (17 anni più o meno), che ho incontrato un po' di tutto. Mi hanno deriso, mi hanno bullizzato, mi hanno schiacciato magari per una foto col ciuffo biondo platino o perché la mia anarchia interiore prevaleva su di loro (gente che ora è stata spedita a honolulu prima di subito), però al momento ho trovato...diciamo..."parole" che come me usano questo mezzo in modo molto sano. E che ancora (e spero anche per lungo tempo) mi fanno vivere là dentro serenamente. A differenza di quei decerebrati che portano ragazzi di 15 anni anche a compiere "l'insano gesto".

Inchattabilmente vostro 

Buio Totale

Folletto soletto


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C'era una volta un piccolo folletto, che viveva in caverne e boschi inaccessibili . Raramente usciva dai luoghi dove viveva per andare a visitare il resto del mondo . Questo folletto era molto pauroso e titubante, e solitamente non si faceva vedere degli altri e inoltre non aveva piacere a stare insieme agli altri, e gli altri non avevano piacere a stare insieme a lui. Eh già ! Perché il nostro folletto era pieno di problemi, e soffriva terribilmente e pensava e credeva di essere l'unico a soffrire. Era sempre cupo, grigio, mesto, lugubre, avvilito, sconsolato, tetro, insomma un folletto deprimente oltre che depresso. La solitudine era la sua unica compagnia, e a volte il nostro folletto ci discuteva animatamente, ma non riusciva mai a spuntarla. Ma un giorno non andò più a trovarlo neanche lei e il nostro folletto non uscì più, e rimase sempre al letto e... nessuno lo vide mai più. P.S. La solitudine ha come padre Thanatos ( la Morte)e come madre Moria( la Pazzia). Dalla morte non si può tornare indietro! Dalla pazzia si può tornare indietro, ma chi è tornato non lo ha mai visto né incontrato nessuno.
Nonno Elpho

Senza titolo

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Non arriva improvvisa come una grandinata di fine estate. È più come il lento incedere dell'autunno, ogni giorno impercettibilmente più freddo del precedente, fino alla prima, vera sferzata gelida, quando ti accorgi di essere lì fuori in abiti inadeguati. 
Alzi lo sguardo sul ciliegio davanti a casa e realizzi che è completamente spoglio, anche se è da tempo che ne vedi le foglie in terra. E il cerchio ti si chiude intorno, la noia di Emiliano è anche la tua, le maschere di cui parla Gianluca le hai ormai esaurite tutte. E il folletto di Elpidio, beh, quello sei proprio tu....

Il piccolo Lebowsky

Livido sul cuore

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Ho appoggiato io l'orecchio

tra un silenzio e l'altro,

sul caldo del tuo seno

bianco e colmo.

Con qualche capello insorto, che mi pizzicava il volto,

e la luce del giorno appresso, che zigzagando,

si infiltrava fra le piante in mostra sul davanzale nostro.

C’era un odore di pelle e coperte, che mi diventava ricordo

e si riproponeva più verace e complesso, ad ogni respiro profondo.

Era come un linguaggio di corpo, come un mimo del sogno:

che mi guidava in quel mondo che stavi sognando.

Credo di avervi visto spavento, Madre… Mi sbaglio?

Inseguimento, sgomento;

la violenza d’un mostro, come un bambino soltanto può intenderlo al mondo…

E mi spiace d’averti svegliato, di colpo,

bagnata di singhiozzo, e ricoperta di pianto.

Dove il mio volto ora lasciava soltanto un livido

rosso, e profondo,

sul caldo del tuo seno, bianco.

Solo lì, tra un silenzio e l'altro,

Sappi che io prestavo, e presterò, sempre,

l’orecchio, al tuo pianto nascosto,

e inespresso.


iononquadro