venerdì 20 settembre 2024

Signor Tonno


https://media-assets.lacucinaitaliana.it/photos/65d3ddcee1e0b619ce39a950/16:9/w_2560%2Cc_limit/olio-tonno-scatola.jpg

Con un vago retrogusto di pesce atlantico e ottone di vecchia forgia, questa è una storia passata di bocca in bocca e che si svolge, quasi del tutto, in un mercato rionale di un quartiere di Roma. Uno di quelli che più o meno tutti abbiamo frequentato o visitato, anche solo per comprare una verdura un po’ più genuina, a km 0 dalla campagna, o più vicina al portone di casa.

Aveva lì un banchetto sconnesso, credo, quest’uomo. Solitario, schivo, silenzioso. In qualche modo fiero, in qualche modo onesto venditore di alimenti freschi. Uno spaccio di prosciutti, salumi vari, dolci più o meno preparati o quantomeno venduti con amore.

Aveva un piccolo recipiente per il miele, un altro per le olive. Ne aveva uno per il pesce sott’olio e sotto sale. Uno di tonno in cui regolarmente, fiero, infilava il suo pettine d’ottone e se lo passava fra i capelli, oramai non più così folti come erano nelle annate da qui venute, per pettinarli.

Le genti che passavano distratte, lo canzonavano per il suo odore rancido di pesce. Per le sue acconciature rigide e oleose. Per il suo pettine d’ottone nelle bacinelle. Tanto che mi venne tramandata questa storia da mio padre, tramite il racconto di un collega suo d’ufficio. Il racconto canzonatorio verteva sul signore: questo tale “Sig. Tonno”, il quale vi ho descritto in questo breve tempo.

Smorzate ora, però, le risate iniziali, ci ripenso a lui. Anche spesso. Ci ripenso a Sig. Tonno, come a metà fra una amico e una figura formativa, una figura mitologica della mia e della nostra storia. Egli in fondo non è altro che noi tutti, credo. Coi nostri comportamenti buffi, a tratti dolci e che fanno o dovrebbero fare tenerezza; le nostre modalità che solo apparentemente si adeguano a questa normalità tanto ostentata, ma in realtà mai realmente vista ed esistita (per fortuna) nella massa invisibilmente diversa, più o meno sottilmente incasinata.

Sig. Tonno, siamo noi con le nostre insicurezze, e i nostri mille motivi per cui molti di noi si sentono esclusi, non capiti. Soli.

Ognuno ha le sue cause, le sue insicurezze, dalla puzza sotto le ascelle, alle prove costume, fino a sofferenze di nature più profonde, o nascoste e sconosciute.

Come Sig. Tonno, bullizzato nel silenzio, preso in giro e scansato per l’olezzo. Qualcuno l’hai mai amato, gli ha mai chiesto come ci si sente ad essere snobbato, rifiutato per un fatto che lui forse non ha nemmeno mai capito, ma che sentiva come ingiusto. Posso solo immaginare la rabbia di Sig. Tonno, il suo universo, di questo scemo del villaggio condannato per essere ignaro di un fatto su se stesso, a questo scherno. In questo caso è il villaggio ad essere in torto e solo in torto. Ma io non sono un moralista. Dettare legge non è il mio verbo. Io sono qui per imparare, su me stesso e sul mondo da Sig. Tonno, un uomo distrutto da un dettaglio. La saggezza popolare dice che il diavolo sta in questo, appunto, in un dettaglio. In quel gesto di pettinare i capelli con il tonno.

Io continuo a cercare di capire, di riuscire a uscire anche tramite queste figure mitologiche da un dolore personale a loro simile e dissimile, Non so forse nemmeno io in che termini e sotto quale luce. Un dolore non di tutti, certo; perché "tutti" è una parola che significa "diverso". Se incolpare un mondo brutto perché ci vuole ferire, o pensare le cose in maniere più complesse e articolate: anche questo non so dirlo.

Perché credo che non ci sia una morale precisa nelle mie parole, se non che mi appartengono come mi appartiene Sig. Tonno e tante altre persone, tra filosofi, scrittori conosciuti e meno conosciuti.

La sua, la loro vita non solo vissuta e raccontata da cronista. Ma vissuta, per una fetta come se mi viva e mi appartenga. Come se mi lenisca.



Come se fossimo per dirla in modo un po' banale, su una stessa barca.

iononquadro

Nessun commento:

Posta un commento