venerdì 21 novembre 2025

ANNA

 


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La Roma degli anni d’oro del cinema italiano è sempre stata avvolta da un fascino e una magia senza eguali. Era la città dei sogni, al pari di Hollywood: crocevia di eventi mondani, star, produzioni cinematografiche. Quel cinema, che fu rivoluzionario, poteva vantare alcune delle stelle più brillanti che l’Italia abbia mai avuto. E una di queste era Anna Magnani. Monica Guerritore, che evidentemente ha molto amato l’attrice, ha scelto di immergersi nel cuore della sua esistenza: un percorso artistico e umano costellato di successi e tormenti. Lo fa in Anna, film presentato alla 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma, in cui ricopre un triplice ruolo: regista, sceneggiatrice e interprete. È il 21 marzo 1956. Anna Magnani non riesce a prendere sonno. Si alza, si veste, ed esce per una passeggiata notturna nel cuore di Roma, attraversando la città deserta fino a raggiungere il Lungotevere. È la notte degli Oscar, e a Los Angeles si sta celebrando la cerimonia che potrebbe consacrarla come miglior attrice protagonista per La rosa tatuata. Nel silenzio più profondo, Roma si fa specchio della sua memoria: Anna ripercorre i frammenti della sua vita: l’amore turbolento con Roberto Rossellini, la malattia del figlio Luca, le battaglie sul set e i suoi successi più acclamati. Ad accompagnarla, una galleria di personaggi che rappresentano ogni ceto sociale: dal popolo romano agli uomini dell’industria cinematografica, fino agli agenti e produttori. Un viaggio dentro la fragilità e la forza di un’attrice diventata leggenda. Fino al momento che rimarrà nella storia: il momento in cui viene annunciata come la prima italiana a vincere un Oscar. Anna Magnani non era un’attrice qualunque e aveva qualcosa in più. In quegli anni, dove a dominare era il Neorealismo, Magnani era quella più spudoratamente vera e profondamente reale. È stata la sua veracità, la sua schiettezza, il suo andare controcorrente a renderla l’attrice che nessuno dimenticherà. Se lo sforzo attoriale di Monica Guerritore funziona, è sul piano registico e contenutistico che il film si incrina. L’attrice sceglie di raccontare solo una parentesi: l’ultima parte della vita di Magnani, partendo dalla notte dell’Oscar per La rosa tatuata. Da lì si immerge in quella Roma incantata dell’epoca, restituendoci con affetto le sue atmosfere, la lingua, i riflessi e la sua oscurità. Su questa linea temporale principale, vengono innestati flashback, ricordi, episodi personali: momenti che restituiscono fragilità, rabbia, lucidità, ma sempre in forma accennata e mai scavata. Anna diventa così un film che si divide a metà: tra la bellezza sincera di voler raccontare chi fosse davvero Anna Magnani, e la mancata occasione di portarci fino in fondo dentro la sua zona d’ombra, dentro quello che non sappiamo ancora. Un tributo che dunque non è mai vivido.


Blue Jacket

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