venerdì 18 dicembre 2020

Cibi e bevande nell'Antica Roma. Ultima parte

 La puls punica si cuoce cosi:si mette in acqua circa 130 gr di farina di farro per ottenere una pasta morbida. Una volta pronta la puls veniva messa in un recipiente pulito e si aggiungeva circa un kg di formaggio freddo, 170 gr di miele e un uovo. Si mescolava bene il tutto e poi si travasava in una pentola. Il composto infine veniva cotto una seconda volta. Se ne ricavava una puls ricca e gustosa, che assomiglia un pò al casatiello della tradizione culinaria napoletana. Nell'antica Roma la bevanda per eccellenza era il vino, i cui effetti inebrianti venivano talmente temuti che, nella prima età repubblicana, lo si proibiva ai fanciulli, agli schiavi e soprattutto alle donne: la tradizione stabiliva persino lo ius osculi, cioè il diritto del pater familias di baciare sulla bocca tutte le femmine della casa, per accertare che non ne avessero fatto consumo. Si beveva soprattutto dopo cena, nella quantità descritta da un convitato, eletto dagli altri "magister bibendi", l'arbitro delle libagioni. Il gioco più comune ai bachetti consisteva nel costringere l'ospite ad assorbirne tante tazze quante erano le lettere del suo nome. Secondo i medici, invece, l'uomo frugale avrebbe dovuto berne solo tre coppe: una per il brindisi, una per l'amore e la terza per il sonno, astenendosi alle successive, che avevano fama di condurre alla violenza, alla rissa, e alla pazzia. Tanta circospezione oggi non può che stupirci, perchè il vino antico, fortemente annacquato, raramente superava cinque gradi. Il prodotto, denso e aspro era praticamente imbevibile. Si, perchè quello che i romani chiamavano vino, pur essendo succo d'uva fermentato, non aveva nè l'odore nè il sapore del nostro. Le tecniche di produzione erano ancora primitive, non riuscivano nemmeno ad impedire che inacidisse nelle botti. Il vino bianco o rosso era comunque troppo pesante ed andava diluito con acqua nella percentuale di almeno tre parti per due. Per correggerlo i raffinati usavano acqua di mare, come il famoso vino greco di Coo e lo insaporivano con estratto di rose, viole e nardo, o con un mazzetto di erbe aromatiche. D'inverno si beveva bollente e speziato, come il nostro vine brulè, mentre d'estate lo si preprava con acqua ghiacciata o con neve. Importante era la data di produzione:
i vini migliori, che contavano fino a vent'anni di invecchiamento, specificavano già nella terra cotta della giara l'anno di raccolata delle uve e il tipo di  viticcio. L'annata migliore fu quella del console Opinio, che doveva essere fuori dal comune, se i vini pregiati venivano chiamati opinii per anotniomasia. Esistevano anche gli aperitivi da sorbire a piccoli sorsi prima di cena, o durante gli antipasti. Albano, Caleno, Setino, Ulbano di Cuma, Erbulo, Tiburtino, Fundano, Trifolino, Labicano, Cecubo sono soltnto alcuni viti romani, tra cui spiccava Falerno, celebrato da tutti gli autori classici. Spero di aver incuriosito il lettore a sufficienza e di non averlo deluso.

Blue Jacket

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