venerdì 21 giugno 2019

Recensione del film "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto"



Il potere può indagare su se stesso? Mi sembra questa la domanda principale, o provocazione, suscitata da un film che nella sua epoca suscitò un certo scandalo, tanto da essere censurato. Due stupendi attori principali, Gian Maria Volontè, nei panni di un capitano della squadra omicidi che diventa capo della Polizia, e Florinda Bolkan, una stupenda Florinda Bolkan, nei panni dell’amante del capitano di Polizia. La stessa Polizia non ci fa una bella figura in questo film degli anni ’70, sembra sempre presa dall’ossessione di reprimere e controllare i giovani, con tanto di sale di controllo completamente dedicate all’intercettazione delle telefonate dei cittadini. I giovani sono divisi in numerosi gruppi e grupetti, tutti autoproclamatesi “rivoluzionari”, ci sono i maoisti, i trotzkisti, gli anarchici, gli stalinisti e i leninisti etc etc e tutto questo movimento da’ la sensazione, per non dire l’illusione, anche al questurino capo della Polizia interpretato da Gian Maria Volontè, che la democrazia sia “solo l’anticamera del socialismo”, come se passare dalla democrazia al socialismo fosse una cosa semplice. Insomma anche gli anni settanta non riescono a comprendere se stessi, il grosso del movimento non è finalizzato a nessunissima rivoluzione, solo ad avere una democrazia più “democratica”, più compiuta. A distanza di anni si nota con evidenza che di tutti quei gruppi sono rimasti solo i leninisti, certo ci sono ancora gli anarchici e i bombaroli vari, ma che ci credano veramente alla violenza del popolo, c’è da dubitarne. Gian Maria Volonté interpreta questo questurino che ha una storia d’amore con Florinda Bolkan, ma è anche molto immaturo e forse anche impotente dal punto di vista sessuale, tanto che riesce ad ecittarsi solo fotografando la sua donna in pose da cronaca nera, e alla fine poi l’ammazza veramente, con una lametta, perché lei lo “tradisce” con un giovane rivoluzionario. Il questurino lascia tracce dappertutto, semina una marea di indizi per farsi scoprire, ma i suoi colleghi non ne vogliono sapere di arrestarlo, e nemmeno di indagare su di lui. Neanche il giovane rivoluzionario vuole denunciarlo come l’assassino della donna, perché preferisce che il capo della repressione dei movimenti giovanili si renda conto da solo di essere un criminale. Insomma, non c’è verso di farsi arrestare, se sei il capo della Polizia puoi fare qualunque cosa, anche passare col rosso facendo finta che si tratta di esigenze di servizio, come facevano i due protgonisti in uno dei loro strani giochi amorosi. È un film che ho rivisto con un filo di tristezza, anche per via della musica martellante di Morricone, forse perché insieme a Florinda Bolkan muoiono un po’ anche quegli anni, gli anni settanta, anni di grandi illusioni e anche di qualche raro impulso sincero.
Voto 8
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