300…500…800…1400…5000…10000…20000…………..42000.
Ieri sera,
questa atroce conta aveva raggiunto questo numero. Che cos’è? È il numero di
persone morte improvvisamente quando circa alle 4.00 del 6 febbraio 2023, al
confine tra Turchia e Siria la terra si è aperta a causa di un terremoto
devastante, che ha fatto crollare palazzi di intere città, inghiottendo tutte
le persone che erano al loro interno, nel momento del riposo. La scala Richter
segnava 7.9 gradi. Un incubo. Tutto è accaduto nel giro di pochi secondi,
passati i quali, decine di migliaia di persone non esistevano più. Al loro
posto, corpi senza vita.
In questo
articolo voglio lasciare da parte colpe e responsabilità umane. Voglio invece
solo limitarmi a fare una riflessione sull’ac
caduto su quest’immane tragedia,
lasciando un pensiero a tutte le persone morte, ma anche a tutte quelle che
sono invece fortunatamente sopravvissute, se qui, di fortuna si può parlare,
visto che di fronte a ciò che è successo, la fortuna qui, diventa solo un punto
di vista. Che cosa aspetta ora infatti a chi è rimasto? Come gli si può dire di
farsi forza e di avere ancora una speranza e di credere nel futuro?
Io sto
facendo sforzi enormi per mettermi nei panni di uno dei sopravvissuti e cercare
di vedere, di trovare anche una sola, piccolissima speranza e voglia di
continuare a vivere.
Io sono uno
di loro. Abito in Turchia in uno dei luoghi colpiti dal terremoto. Ho perso
tutto: casa, famiglia, amici. Una speranza non ce l’ho. Non ho più niente,
quindi nemmeno la speranza. Non ho più voglia di vivere. Vedo solo il buio, il
nulla, davanti a me. Sono rimasto vivo, perché il mio cuore batte ancora. Ma
sono anche morto. Non so cosa pensare, cosa fare. Non so più niente. Voglio
morire, come quelli che sono già morti lì sotto. Anzi no! Voglio ancora vivere.
Ma non so come fare. Aiutatemi!
Ecco, se
fossi una di quelle persone questo penserei.
Un altro
pensiero che mi è venuto subito, una volta che quelle ore di disperazione
passavano, che la conta terribile dei morti saliva, ma anche, per fortuna le
persone che venivano estratte vive, è stato uno, immediato, folgorante e
terribilmente angosciante, che mi attanaglia e mi fa salire il cuore in gola,
ancora oggi, dopo undici giorni dall’ evento. Tutte le persone che non sono
morte subito e sono rimaste lì, sepolte sotto alle macerie senza cibo né acqua,
senza più vedere neanche un raggio di luce, e che con il passare delle ore
perdevano via via la cognizione del tempo, e magari riuscivano anche a sentire
le voci che venivano da fuori, anche le più flebili, delle persone e dei
soccorritori che cercavano disperatamente di trovarle e di salvarle, più
velocemente che potevano per non farle morire. E loro erano sempre lì sotto a
sperare ogni secondo che uno di loro, le avrebbe finalmente trovate e salvate da
morte certa.
Io, pensando
a questo, ho provato e provo ancora angoscia, ma non immagino loro quale simile
angoscia hanno potuto provare, con quel senso di morte che ha invaso i loro
pensieri per tutto il tempo.
White Cosmos
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