venerdì 17 febbraio 2023

LA TERRA SI E’ APERTA, LA MORTE E’ ARRIVATA

 


300…500…800…1400…5000…10000…20000…………..42000.

Ieri sera, questa atroce conta aveva raggiunto questo numero. Che cos’è? È il numero di persone morte improvvisamente quando circa alle 4.00 del 6 febbraio 2023, al confine tra Turchia e Siria la terra si è aperta a causa di un terremoto devastante, che ha fatto crollare palazzi di intere città, inghiottendo tutte le persone che erano al loro interno, nel momento del riposo. La scala Richter segnava 7.9 gradi. Un incubo. Tutto è accaduto nel giro di pochi secondi, passati i quali, decine di migliaia di persone non esistevano più. Al loro posto, corpi senza vita.

In questo articolo voglio lasciare da parte colpe e responsabilità umane. Voglio invece solo limitarmi a fare una riflessione sull’ac
caduto su quest’immane tragedia, lasciando un pensiero a tutte le persone morte, ma anche a tutte quelle che sono invece fortunatamente sopravvissute, se qui, di fortuna si può parlare, visto che di fronte a ciò che è successo, la fortuna qui, diventa solo un punto di vista. Che cosa aspetta ora infatti a chi è rimasto? Come gli si può dire di farsi forza e di avere ancora una speranza e di credere nel futuro?

Io sto facendo sforzi enormi per mettermi nei panni di uno dei sopravvissuti e cercare di vedere, di trovare anche una sola, piccolissima speranza e voglia di continuare a vivere.

Io sono uno di loro. Abito in Turchia in uno dei luoghi colpiti dal terremoto. Ho perso tutto: casa, famiglia, amici. Una speranza non ce l’ho. Non ho più niente, quindi nemmeno la speranza. Non ho più voglia di vivere. Vedo solo il buio, il nulla, davanti a me. Sono rimasto vivo, perché il mio cuore batte ancora. Ma sono anche morto. Non so cosa pensare, cosa fare. Non so più niente. Voglio morire, come quelli che sono già morti lì sotto. Anzi no! Voglio ancora vivere. Ma non so come fare.  Aiutatemi!

Ecco, se fossi una di quelle persone questo penserei.

Un altro pensiero che mi è venuto subito, una volta che quelle ore di disperazione passavano, che la conta terribile dei morti saliva, ma anche, per fortuna le persone che venivano estratte vive, è stato uno, immediato, folgorante e terribilmente angosciante, che mi attanaglia e mi fa salire il cuore in gola, ancora oggi, dopo undici giorni dall’ evento. Tutte le persone che non sono morte subito e sono rimaste lì, sepolte sotto alle macerie senza cibo né acqua, senza più vedere neanche un raggio di luce, e che con il passare delle ore perdevano via via la cognizione del tempo, e magari riuscivano anche a sentire le voci che venivano da fuori, anche le più flebili, delle persone e dei soccorritori che cercavano disperatamente di trovarle e di salvarle, più velocemente che potevano per non farle morire. E loro erano sempre lì sotto a sperare ogni secondo che uno di loro, le avrebbe finalmente trovate e salvate da morte certa.

Io, pensando a questo, ho provato e provo ancora angoscia, ma non immagino loro quale simile angoscia hanno potuto provare, con quel senso di morte che ha invaso i loro pensieri per tutto il tempo.

 

White Cosmos

Nessun commento:

Posta un commento