venerdì 15 novembre 2024

L 'abitudine come concetto biologico, sociale - giuridico e psicologico.

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Mi e' passato per la mente di esaminare brevemente il concetto di abitudine. L 'abitudine costituisce il momento, il passo successivo rispetto all 'adattamento al cambiamento, all 'innovazione. La vita puo' cambiare a livello personale, sociale, politico, economico, giuridico, in modo interno o esterno, positivo o negativo, evolutivo o involutivo. Cosa accade? si affronta la modificazione e, mediante meccanismi sia consapevoli che inconsapevoli, ci si adatta e, mantenendo costante l 'adattamento, ci si abitua. Nel modo biologico esistono esempi concreti suggestivi; ad esempio il camaleonte, o alcuni insetti come la cavalletta o la mantide religiosa, che cambiano di colore corporeo e si mimetizzano, per adattarsi all ' ambiente circostante allo scopo di affinare ed utilizzare le proprie strategie di attacco e difesa finalizzate alla sopravvivenza. Che fanno quindi? Si adattano e mantenendo costante l'adattamento , si abituano. Nel campo e nel settore giuridico, addirittura, l' abitudine costituisce la terza fonte del diritto. Si chiama consuetudine e consiste nel mantenimento, uniformemente e costantemente tenuto, di un determinato comportamento, da parte di un insieme, di una comunita' di consociati, per un determinato periodo di tempo, accompagnato dalla opinio iuris ac necessitatis, che consiste nella convinzione che quel comportamento crei diritto. L' abitudine, quindi, o consuetudine, crea norme giuridicamente rilevanti. Abituarsi, quindi, e' fondamentale per affrontare la vita. L' abitudinei crea sicurezza, capacita' di avere sotto controllo e padronanza la propria vita. D'altro canto, tuttavia, potrebbe determinare, se viene meno la flessibilita' al momento opportuno, immobilismo, rigidita', staticita,' ed incapacità di uscire dalle situazioni. E' un'arma a doppio taglio da non sottovalutare anche sul piano psicologico.


Tigrotto 75.

La fiaba di nonno Elpho o la fiaba del folle

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Un giorno, un vecchio Elpho, che passeggiava sul limitare del bosco, vide una piccola costruzione fatta a forma di fungo da dove venivano strani rumori metallici. Il vecchio Elpho che era curioso come una scimmia, si avvicinò all'edificio e bussò al portone. Nessuno venne ad aprire ma l'Elpho, che era molto caparbio, continuò a bussare, ancora e ancora, ma nessuno veniva ad aprire. Eppure sentiva i rumori metallici che provenivano dall'interno. Quindi doveva esserci qualcuno. Stufo di bussare se ne tornò a casa a riposare. La mattina dopo di buon ora decise di tornare, bussò ancora, e ancora, e ancora, e così per 7 giorni. Dopo 7 giorni che bussava imperterrito al portone, provò ad aprirlo ed incredibilmente il portone si aprì. E allora il vecchio Elpho che si chiamava Hell Matusa sporse il suo testone per dare un'occhiata, ma non vide nulla perché era buio e non sentiva nessun rumore, improvvisamente i suoni metallici erano cessati. Gli tremavano le ginocchia dalla paura, ma si fece coraggio e varcò la soglia, fece qualche metro ma non riusciva a vedere nulla: era troppo buio, cercava la strada a tentoni ma non riusciva a toccare con le sue mani nient'altro che aria; fece un altro passo e andò a sbattere la gamba contro qualcosa e urlò per il dolore e per la paura che lo attanagliavano. Aiaaiaia! Che botta! Aveva urtato contro qualcosa di duro e freddo, o così gli sembrava, perché non riusciva a vedere un tubo. Dopo qualche secondo di sconcerto Matusa si imbatté in una porta, o qualcosa di simile, dopo 10 min di smanettamenti cercando una maniglia da aprire, riuscì ad aprirla. Fu inondato da una luce accecante e si ritrovò in un lungo corridoio pieno di porte, sia a destra che a sinistra. Ne aprì una e si ritrovò in una piccola stanza con delle catene ai muri. Alle catene erano incatenati delle virgole e dei punti, e così via e quando alzò gli occhi sul soffitto vi trovò la scritta "Errori di punteggiatura", iniziò a girargli la testa. Matusa fu colto da un attacco di ansia e vedendo una porta a portata di mano l'aprì e si ritrovò in un'altra stanza che aveva sempre delle catene. Ma questa volta alle catene c'erano dei numeri e sul soffitto c'era scritto "Errori di aritmetica". Urlò "aiuto!", e scappò via correndo. Aprì un'altra porta e si ritrovò in un'altra stanza con sempre le catene ai muri e incatenati c'erano dei pensieri, sul soffitto c'era scritto "Errori di logica". All'improvviso il povero Matusa cadde svenuto. Dopo molto tempo si risvegliò, si alzò e si guardò intorno. Si trovava nel bosco, c'era il sole e tutto sembrava "normale", ma non vedeva più nessuna costruzione, né edificio, c'erano solo alberi, alberi, alberi!!! Cari lettori non so quale sia il senso di questo articolo, né perché l'ho scritto, ma forse è solo un errore. 

nonno Elpho

Se non rimango a piedi.....Venom

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Buongiorno a tutti dal vostro inmarvellabile Buio Totale. Quest'oggi vi parlerò dell'ultimo film Marvel "Venom the last dance" ultimo film della trilogia sull'alieno firmato Marvel. Allora....(ora tiro fuori il mio lato sgarbiniano)...Venom la prima volta nasce come antagonista di Spider Man (sempre nell'ultimo film della trilogia), per poi approdare sugli schermi come protagonista. Cattivo. Nero. Che poi alla fine tanto cattivo non si rivela visto che si sacrifica per salvare la vita dell'umano di cui si era impossessato. Ora veniamo ai commenti (ecco il peggior Vittorio Sgarbi che è in me). Effetti sonori, grafica, animazione da paura. Specie nelle scene più....come dire....concitate. Di trama scarseggiava un po'. Un po' come tutti gli ultimi film Marvel. Da antman in poi. Però tutto sommato molto bello. Voto 8 e mezzo.

Sempre vostro Marvelluio Totale.

Politica e salute mentale 2.0


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Benarrivati e benarrivate a tutte e tutti dal vostro improcrastinabile Fantozzi ragionier Ugo! Oggi come mi capita spesso, le idee sono poche e allora mi viene in mente che questo mercoledì al laboratorio di sceneggiatura abbiamo visto insieme e commentato un interessante filmato dal titolo "follia e potere". Il filmato era una carrellata di discorsi recenti dei potenti del mondo, iniziava con la lettura della lettera di Zelensky a Sanremo 2023, poi c'era Putin, Netanyahu, Trump e per finire in bellezza anche il dittatore nordcoreano Kim Jong Un. Che fossero dittatori o presidenti democratici la sostanza del loro discorso non cambiava: tutti volevano vincere guerre, prevalere sugli avversari, rendere gli Stati Uniti ancora una volta grandi, e soprattutto salvare cani e gatti dalle mire fameliche degli immigrati. Abbiamo dibattuto a lungo dopo aver visto questo video, che forse verrà integrato nel nostro prossimo documentario, abbiamo dibattuto se questi personaggi così potenti e dotati di grandi responsabilità siano da considerarsi normali oppure folli. Io ho osservato che, cercando di andare oltre la solita dicotomia normale/folle, avevamo assistito a una serie di persone normali che fanno discorsi folli. E questo commento mi riporta a pensare a tutte le persone comuni, normali, che supportano questi potenti, che sono la loro base di massa. Per esempio qui in Italia, in Europa, tanti anche a sinistra purtroppo, sono d'accordo con inviare armi in Ucraina e continuare questa guerra per procura che va avanti da due anni e mezzo. La narrazione secondo la quale è la Russia che ha aggredito e che è giusto difendersi può tranquillamente continuare all'infinito in assenza di spiegazioni migliori. Insomma il popolo per il momento, anzi i popoli, supportano i loro leader e l'uomo comune, democratico, che fa il tifo per la propria nazione (nazionalismo), o il proprio continente (continentalismo) passa per essere normale e ben integrato nella società. Ma io a questo punto mi chiederei: non è invece forse sintomo di normalità e buon senso desiderare un mondo libero, senza stati nazionali e/o continentali, e senza classi sociali di qualunque tipo? 


Fantozzi ragionier Ugo

Sport e salute


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Saluti dal Maestro Jedi. Quest'oggi vorrei parlarvi di come lo sport può migliorare la nostra vita. Io per esempio grazie al centro diurno sono venuto a conoscenza di un'associazione di volontari che organizzano partite di calcio e calciotto al Parioli Sporting Club gratuitamente. A cui partecipano ragazzi anche da altre comunità o centri diurni. Ho giocato con loro più o meno un anno. C'era allo stesso tempo competizione ma molta inclusività. Ogni fine partita mi sentivo benissimo. Purtroppo a giugno scorso ho avuto un brutto infortunio e ho dovuto smettere. Non riuscivo neanche a camminare e tuttora ho molte difficoltà e provo dolore. Facendo una visita ortopedica ho scoperto di avere una malformazione alle ginocchia, così devo stare fermo. Se avete curiosità vi consiglio di fare attività fisica, non ve ne pentirete.


Maestro Jedi

La Noia


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Era in un principio di pomeriggio, o forse solo ad un certo punto di esso, che la noia e un sole spento (e incerto) si stiracchiavano sul vettore stanco del mio tempo.

Una noia tutt’altro che noiosa, però; o comunque, l’era solo al primo sguardo. Perché solo in quel pomeriggio che scivolava lento, in un tramonto rosa fiocco, poteva sembrare questa cosa… una cosa fastidiosa al mondo. Anzi era una cosa consueta, conosciuta e soprattutto così foriera di idee non ancora in concreto, ma in qualche modo sul bordo del precipizio del fare, che io in quel pomeriggio mi guardavo questa noia, con l’occhio pendulo, e le idee… però: meravigliate. Le idee annoiate all’inverosimile, le idee faticose. Che pensarle è un atto ginnico, uno slancio di belle atlete tornite. Idee sempre tra il voler scendere e il non voler scendere alla nostra valle delle cose… Insomma venire o non venire, fra le cose nostre vere, comparire come nostre lampadine sulle nostre teste sconsolate, ma desiderose anche solo di qualcosa che non sia lo sciabordio di questo tramonto d’una vita, senza fare.

Queste idee talvolta le chiamiamo l’ispirazione, la creazione, il genio. Altre volte solo fughe da un’impaccio millenario. Magari in un pomeriggio, giusto per ridondanza, da indicare come “solo noioso e basta”, ma anche sornione, furbo e lesto. Insomma il tipico pomeriggio che farà forse la storia del nostro piccolo mondo con un guizzo di genio, oppure rivoluzionerà solo il nostro salotto, con l’idea di un nuovo divanetto.

Mi agiravo per la casa, mi agitavo e sonnecchiavo, aprivo un libro e lo chiudevo. Mi stiracchiavo… abbondantemente solo, anche se non solo in senso umano, in un senso più ontologico/divino. Come può sentirsi solo un Dio, a cui non è venuto in mente l’uomo.

Silenziso mangiucchiavo, qualche snack dolce o salato, e mi ascoltavo vecchie canzoni che in altri momenti avrebbero suscitato esplosioni emotive da boato, ma che ora erano soltanto come ricordi di altre persone che io non sono; come case, con oggetti belli, eppure abbandonate da ogni uomo. Le piccole merendine che ingollavo, un palliativo delle ore. Niente a che fare col nutrire. Con l’accudire la salute. Ore lunghe, lunghe di tremende penitenze senza dolore. Io, solo al conto del tramonto, e le sue nuvole. Come compagna, solo lei, la noia; e le sue vecchie quattro attività scariche.

Con lei al fianco, tutto si muove piano, come un bradipo senza scopo. Ha un metabolismo inverosimilmente lento, un volto senza sguardo, un tempo in cui al tempo non esisteva in tutto il mondo un singolo orologio.

La noia è un luogo vuoto, centinaia di stanze, locali e corridoi senza niente e nessuno, da cui tutti sembrano voler fuggire, o almeno che vogliono arredare in modo umano. Con antidoti pratici del fare, a quelli più sottili dello stare sempre assieme. Inzepparsi i calendari, come maritozzi senza pane, appuntamenti vari, o le playlist con sempre nuovi brani, serie e film e canzoni. I cellulari di giochi e applicazioni, i social di nuovi amici.

Tutti tentativi scarni e mal riusciti di sentirsi ancora parte dei nostri attimi spariti.

La noia, certo, non è una condizione di piacere. Eppure in qualche modo è il motore immobile del fare.

La noia forse è il trasparente trasparire che sta dietro ogni colore del sapere: è lì presente; e certe volte si scopre, come un bimbo con le coperte nelle notti d’estate, e ci fa svegliare col naso in raffreddore.

La noia dice tante cose. Parla e ci chiede, di ascoltarla parlare. Senza giudizi o cose varie, e senza intromissioni o gambetese.

La noia ci chiede di presenziare al suo capezzale, ma poco di dire. Molto di sentire.

È sempre moribonda, emaciata e stanca, ma chi l’ha vista al cimitero non l’ha vista tra le bare o in qualche giara funesta.

Perchè la noia è sterile e morta, ma non è infeconda.

Ci occompagna lungo le nostre passeggiate, nelle sale d’aspetto dei medici che fanno aspettare, in fila alle poste, nei negozi e nelle banche di paese, con una canna da pesca in mano, fra le onde oppure al cinema senza piacere. In alcuni bar tra bevute solitarie.

E noi, tutti fotografi col cuore in mano, aspettando sempre il nostro scatto del secolo, domandiamo alla noia un’idea dal colore lucido.

Qualcosa che ci riempia il cuore, di nuova voglia di vivere, ridere, appassionarci alle storie vere. O anche solo un motivo, per seguire con gli occhi ancora le lucciole e i delfini nel mare.

Anche solo d’uscire da un impaccio sottile, da un’emozione amica/nemica che ci tiene in catene.

Però la noia sta zitta, sta in silenzio, sta muta e minuta.

Ascoltarla è come vivere nell’eco, di una cattedrale vuota.

Al centro della navata, per quanto silenzioso, c’è un rumore incessante e cieco: un rumore caldo e freddo, bollente e gelato. La noia è il tiepido fastidioso.

La noia è un prurito.

Perché quando si ha la noia a casa propria o altrove, nessuno comunque è a casa sua fra le sue cose.

Si e sempre di là, o soli o alieni, e nauseati. Poi però, la noia ci perdona, forse c’ama, o ci prende a compassione.

Ci accompagna fuori al sole, ma scompare.

É l’unica emozione che se ci ha a cuore, ci lascia stare.

Prima che chiunque al mondo, possa identificare con assoluta precisione questa cosa senza nome…

…come è venuta, lei, sembra scomparire.





iononquadro





FORI IMPERIALI


https://www.romaguida.com/visite-guidate/itinerari-roma/la-via-dei-fori-imperiali/

Un po' di tempo fa sono stato a vedere i fori imperiali, così ho deciso di scrivere qualcosa su queste fantastiche rovine. I fori imperiali erano i cinque centri propulsori della vita pubblica dell’antica Roma. Furono eretti per volere dapprima di Cesare Augusto ed, in seguito, degli imperatori Ottaviano, Vespasiano, Nerva e Traiano. Fu il brillante intelletto di Cesare a partorire la geniale idea di erigere il primo sito. Nel 46 a.C., iniziarono i lavori che portarono alla costruzione del nucleo che commemorasse le divine origini della sua discendenza. Il secondo sito, il foro di Ottaviano Augusto, fu pensato per scopi propagandistici, il luogo doveva magnificare l’inaugurazione di un’età aurea. ll tempio della pace, il terzo foro, sorse per desiderio di Vespasiano. Domiziano, oltre ad unificare i tre centri, fece erigere un quarto sito. Sfortunatamente, il suo ideatore morì prima di vedere l’opera terminata. Spettò a Nerva il piacere di posarvi su gli occhi. Infine, l’imperatore Traiano aggiunse l’ultimo pezzo all’eccezionale puzzle. Rimasti intatti solo nell’antichità, dal Medioevo, i fori subirono un lento ma inesorabile processo di demolizione. Molte perle del complesso archeologico sparirono, per lasciare posto ai primitivi complessi urbani di case popolari e edifici religiosi, dal Medioevo, i fori subirono un lento ma inesorabile processo di demolizione. Svariati pontefici si cimentarono nell’impresa: Papa Onorio I, nel foro di Cesare, pose le basi per la chiesa di Sant’Adriana e per la meno voluminosa chiesa di Santa Martina. Per quel che concerne il Foro di Ottaviano, furono i monaci basiliani a commissionare l’innalzamento di un monastero.L’ ala orientale fu occupata, progressivamente, da edifici sacri. Gli spazi su cui si ergevano il tempio della pace e il Foro di Nerva mutarono volto, a causa dell’edificazione di case modeste o di residenze aristocratiche. Nel foro di Traiano, la più importante trasformazione fu l‘asportazione del pavimento. Negli anni 30, prese il via il progetto finalizzato a restituire al mondo i Fori. Il programma fu guidato da Corrado Ricci. La strada, denominata via dei Fori, fu inaugurata da Mussolini nel 1932. Negli anni settanta, si ipotizzò di smantellarla, poiché costruita durante il ventennio fascista. Fortunatamente, molti si opposero: il quotidiano Il Tempo e lo storico dell’arte Brandi si batterono perché tutto rimanesse com’era. L’unico provvedimento effettivamente preso fu la costruzione di una zona pedonale. Nel 2013, l’allora sindaco Ignazio Marino chiuse al traffico privato gran parte dell’area. Nell’ultimo decennio del XX secolo e nel primo decennio del secolo seguente, furono indetti nuovi scavi archeologici: gli studiosi scoprirono la reale collocazione della statua equestre di Traiano. L’architettura del foro era poi più complessa di quello che si era creduto: lo spazio presentava più serie di colonne, scolpite in pregiati marmi.


                                                                                                                                              Blue Jacket